Ferdinando Di Orio

6 Gen

Il testo, nella sua massa, è paragonabile a un cielo, piatto e insieme profondo, liscio, senza bordi e senza punti di riferimento; come un augure che vi ritaglia con l’estremità del bastone un rettangolo fittizio per interrogarvi secondo certi criteri il volo degli uccelli, il commentatore traccia lungo il testo zone di lettura, al fine di osservarvi le migrazioni dei sensi, l’affiorare dei codici, il passaggio delle citazioni. Per Ferdinando Di Orio, rettore in scadenza di mandato dell’Università di L’Aquila, S/Z di Roland Barthes, un’analisi testuale molto accurata della novella “Sarrasine” di Balzac. Perché il racconto dell’esperienza collettiva del terremoto di e per gli studenti che sono andati via, di e per gli studenti che invece sono rimasti all’Aquila, si decostruisca e ricomponga seguendo una pluralità di voci come riesce proprio a Barthes nel suo studio, si apra a tante soggettività che narrano a partire da sé l’universo del racconto e ascoltano le parole di altre soggettività che rispondono loro. Perché la narrazione del terremoto sia un aperto campo di analisi, nel quale a partire da una traccia comune si lascino scoprire gli enigmi, gli autori, i significati e le azioni che hanno indirizzato lo sviluppo della storia. Vera questa volta.

Il testo è di difficile reperibilità, per fortuna del rettore è però disponibile nella biblioteca di Coppito, frazione dell’Aquila dove fu allestito uno dei maggiori campi per terremotati appena fuori città.

Roland Barthes, S/Z. Una lettura di “Sarrasine” di Balzac, Einaudi 1970, p.264, lire 7, trad. di Lidia Lonzi

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