“È una questione di eleganza, non solo di estetica. Lo stile è avere coraggio delle proprie scelte, e anche il coraggio di dire di no. È trovare la novità e l’invenzione senza ricorrere alla stravaganza. È gusto e cultura”: Giorgio Armani riesce a definire magnificamente il senso del suo lavoro, il cui eccelso risultato non può essere messo in discussione da nessuno. Per esaltare ancora di più lo stile unico che riesce a regalare con i suoi abiti, ma anche con il suo modo di essere e il suo tenore di vita, che davvero rasenta la perfezione, non si può che contrapporgli un altro grandissimo artista, un uomo che ha fatto della sua visione della vita una letteratura prolifica ma sempre fedele a una implacabile malinconia e a una decisa mancanza di speranza di poter dirigere o cambiare il proprio destino. Men che meno con un abito. La scelta tra i romanzi di Simenon non è facile, ma forse il piccolo sarto armeno de I fantasmi del cappellaio può fare da contrappunto alla perfetta armonia di fome e colori che Armani riesce a realizzare. Perché le creazioni di “re Giorgio” ci fanno sognare e a volte anche dimenticare che la maschera che siamo costretti a portare dalla comunità in cui viviamo, ci impedisce di essere noi stessi. Simenon invece ce lo ricorda benissimo.
Georges Simenon, I fantasmi del cappellaio, Adelphi 1997, p. 238, e. 18, trad. di L. Frausin Guarino.