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Beatrice Borromeo

27 Feb

Bisogna sottrarre alla folla le anime deboli e poco salde nel bene: è facile cedere ai gusti della maggioranza. Anche Socrate, Catone e Lelio, in mezzo a un popolo di costumi corrotti , avrebbero potuto perdere la loro dirittura morale. Tanto meno noi, proprio ora che stiamo educando il nostro carattere, potremmo resistere all’assalto di tanti vizi. […] Raccogliti in te stesso, per quanto puoi; vivi con quelli che possono renderti migliore e che tu puoi rendere migliori. C’è un vantaggio reciproco, perché gli uomini mentre imparano insegnano. L’ambizione di mettere in mostra il tuo ingegno non ti spinga in mezzo alla folla a fare pubbliche letture o conferenze. Te lo consiglierei se tu avessi una merce adatta ai gusti popolari, ma fra questa moltitudine nessuno ti comprenderebbe. (let 7, libro I)
A Beatrice Borromeo (figlia di Carlo Borromeo e Paola Marzotto, nipote di Marta Marzotto, sorellastra di Lavinia moglie di John Elkan, fidanzata di Pierre Casiraghi, laureata baby in Giurisprudenza alla Bocconi di Milano, ex modella ed ex volto giovane di AnnoZero di Michele Santoro tra il 2006 e il 2007) regaliamo Le lettere a Lucilio di Seneca. Per ogni giovane che ha modo, tempo, denaro e possibilità di conoscere il mondo e le sue insidie, di incontrare marrani e dover fronteggiare sediziose invasioni barbariche – metaforiche e non – la lettura di questi testi sarà illuminante. Come sfuggire ai vizi, come non offrirsi in pasto alla moltitudine facendo sfoggio di sé, come non cedere ai piaceri della folla e le loro sirene, come riuscire a isolarsi quando il mondo sembra pieno di allettamenti, questo solo per elencare qualche precetto. Potrebbe essere tardi, ma forse attraverso Lucio Anneo Seneca – citato con grande sicurezza dalla Borromeo anche nel corso di una puntata di AnnoZero – Beatrice avrà modo di capire e di farci capire se e quale sua merce è adatta ai gusti popolari e in che modo ci può rendere migliori il suo parlare in vece di.

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 2 volumi, e. 17.50, Garzanti 2008, traduzione di C. Barone

Francesca Cipriani

7 Feb

“Un diamantino piccino. C’è scritto effe di Francesca piccolino d’oro, preferivo i soldi.” A parlare è Francesca Cipriani, ventisei anni, ex Grande Fratello, ex Pupa e il Secchione, nota anche per essere passata da una quinta a una settima di reggiseno (“credo che daranno al mio corpo ancora più sensualità. Con questo intervento vorrei che mi notassero e che mi dessero la possibilità di far vedere quel che so fare”). Il bracciale di cui parla, quello col diamantino piccino, è un regalo. Per questo oggi Francesca è su tutti i giornali, il sogno della sua vita – “vorrei che la mia foto fosse ovunque, non solo sui settimanali” – che si realizza. Ma non nel modo che aveva immaginato lei.
“Amore – scrive in un sms al suo agente, Lele Mora – mi ha detto Maristeli che il nostro amico domenica sera fa la cena a casa sua a Milano e vuole che noi coloradine andiamo a fargli vedere uno stacchetto… cosa devo dirgli che vado??? tvttttttb.” Risponde Lele Mora: “ok tesoro digli tutto ok ci vai”. Francesca è tra le ragazze di Arcore. Le ragazze che hanno preso parte alle cene del Presidente. Allegra, naif, occhi sgranati, risata da cartone animato, è amata da tutte le olgettine. Nessuna parla male di lei, anche nelle intercettazioni, la chiamano Francy, amore, stellina. E lei non parla male di nessuna, delle sue amiche, le sue colleghe, le sue coloradine adorate. Rassicura Giovanna, il suo tesoro, consola Barbara, il suo amorino (“questi sono gli inizi, dài”). E anche ora, in mezzo a tante accuse e recriminazioni, se le chiedi qualcosa lei non difende solo se stessa, parla a nome di tutte: sono ragazze perbene che non hanno fatto niente di male. Nessuno capisce l’incubo che stanno vivendo ora, non era questa la vita che volevano, il sogno per il quale hanno tanto lottato. Lei spera che questa bufera passi e torni tutto come prima. Com’era prima? bellissimo. E se dovesse finire tutto, se fosse costretta a ritornarsene a Sulmona, le dispiacerebbe tanto, le si spezzerebbe il cuore. Almeno però il suo sogno lo ha vissuto, anche se per poco. “Buonanotte stellina, – per usare le sue parole,- non prendere freddo che domani sarà una giornata lunghissima. Ti voglio tanto bene.” A lei vogliamo regalare Colazione da Tiffany (Garzanti, 2007), perché tra lei e Holly, quella ragazzina che piena d’incanto guarda le vetrine della gioielleria , una parentela c’è. E anche, drammaticamente, una grazia: “Se io trovassi un posto a questo mondo che mi facesse sentire come da Tiffany… comprerei i mobili e darei al gatto un nome”.


Truman Capote, Colazione da Tiffany, Garzanti (2007, traduzione di B. Tasso), p. 128, eu 13.

Daniela Santanché

27 Dic

 

Se è vero che il modo di esprimersi di un essere umano, le parole che usa per comunicare, le idee che risultano centrali nei suoi ragionamenti, sono uno dei pochi indicatori realmente validi del suo modo di essere, Daniela Santanché, viste le infinite partecipazioni televisive, non ha molti segreti per i suoi malcapitati esegeti. I Malavoglia di Giovanni Verga, dunque, ci sembra un libro per lei sufficientemente pedagogico.  Nonostante si tratti di un classico, nonostante narri vicende ambientate negli appena successivi all’unità d’Italia, è ancora spaventosamente attuale. Perché oggi come allora, forse più di allora, esiste chi ha il problema della sussistenza, e che la sussistenza non si risolve ottemperando alla mancanza del pane con una fornitura di brioches. Insomma, Daniela Santanché, operando una dilatazione temporale facile facile, dovrebbe rendersi conto che non tutti trascorrono le giornate dedicando le proprie capacità di problem solving a stabilire quali siano, gettone dopo gettone, party dopo party, ricevimento dopo ricevimento, salotto dopo salotto,  i più sciccosi accostamenti tra scarpe, borse e ombretti da offrire in dono allo sguardo dei commensali. Tale consapevolezza potrebbe insinuare, in seconda istanza, il dubbio che per la carriera politica sia necessaria qualche virtù in più che intendersi d’alta moda per signore.

Giovanni Verga, I Malavoglia, Garzanti 2007, LXXVII ed., pag. 279. e.7,50.